ZAKATUL KATUL al-FITR
A cura della Sezione Islamica Italiana
Nel nome di Dio, il Sommamente Misericordioso, il Clementissimo
o scopo di questo articolo è di sottoporre all’attenzione della comunità islamica italiana
una tematica che si ripresenta puntuale ogni anno con l'incombere della festività del ʿīd
al-Fiṭr. Ogni anno difatti ci troviamo di fronte all'annoso problema del come debba essere
elargita zakātu al-Fiṭr, e ci si chiede se sia possibile versarla in soldi, in vestiti o altro ancora.
Personalmente riteniamo, poiché le prove sciaraitiche a tal proposito indicano in maniera
chiara e palese l'origine della questione, che essa sia elargita in cibo e che sia illecito
pagarla in vestiario soldi o altro modo.
Nelle fatāwà che riporteremo qui di seguito, col permesso di Dio l’Altissimo, troverete ciò
che hanno detto alcuni dei più qualificati Sapienti contemporanei a proposito della liceità o
meno di pagare zakātu al-Fiṭr in contanti, vestititi ecc., e come hanno risposto a coloro che
partendo dai contesti vedono che a livello generale i denari o i vestiti tornino molto più utili
al bisognoso di quanto non tornerebbe il cibo, e più in particolare - seguendo precise direttive
Profetiche – il cibo del posto in cui suddetta zakāh è elargita.
E' stato chiesto al Comitato permanente per la ricerca scientifica e la fatwà:
«Qual è la sentenza sciaraitica circa la distribuzione di zakātu al-Fiṭr in contanti?». Il
comitato ha risposto: «[…] E non è permesso, in base a ciò che sappiamo essere
autentico, distribuire zakātu al-Fiṭr in contanti, e questa è la parola della maggioranza
dei Sapienti»1.
Sheyẖ Ibn Bāz – che Dio l’Altissimo abbia pietà di lui – disse:
«E ciò che ricordammo chiarisce alla persona che giudica con giustizia che non è
permesso né accettabile pagare zakātu al-Fiṭr in contanti, poiché questo differisce da
ciò che viene rammentato dalle prove sciaraitiche. Chiedo a Dio che vi dia successo e
che faciliti a tutti i musulmani la comprensione della loro religione, che li renda stabili
1Si veda: Fatāwà al-Laǧnatu al-Dāʿimah (prima raccolta 380/9, quarta domanda delle fatāwà n. 9231).
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su di essa e che li renda vigili in tutto ciò che differisce da quello che Lui ha
legiferato»2.
Si faccia attenzione, a tal proposito, alle prove che sheyẖ al-Albānī – che Dio abbia pietà di
lui – menziona nella sua seguente fatwà:
«Coloro che affermano che è lecito pagare ṣadaqatu al-Fiṭr in contanti sono in errore,
poiché differiscono dal testo del ḥadīṯ del Messaggero – che Dio Lo elogi e Lo preservi
da ogni male – che è stato riportato dai due sheyẖ [al-Buẖarī e Muslim] nelle loro due
autentiche raccolte, narrato da ʿAbdullâh figlio di ʿUmar ibn al-H̱ aṯṯāb – che Dio sia
soddisfatto di entrambi – il quale disse: “Il Messaggero di Dio ha reso obbligatoria
(faraḍa) ṣadaqatu al-Fiṭr [stabilendo il suo pagamento con] un ṣāʿ di datteri o un ṣāʿ
di orzo o un ṣāʿ di aqṯ3”. Dunque il Messaggero di Dio – che Dio Lo elogi e Lo
protegga da ogni male – ha indicato che quest'obbligo che lui ha imposto, per ordine del
Suo Signore, non è adempiuto [pagando] in contanti, ma esclusivamente in cibo, [e
più precisamente] tra i cibi tipici del posto e dell'epoca [in cui si paga zakātu al-Fiṭr]»4.
Il ṣāʿ, la misura che è citata nel ḥadīṯ, è la misura che veniva usata al tempo del Profeta.
Vale la pena ricordare che – in linee generali – il cibo da elargire come zakātu al-Fiṭr va
misurato e non pesato, e cioè di ogni cibo che s’intende distribuire bisogna riempire la misura
di un ṣāʿ che equivale a circa 2 litri e 600 ml. Quindi va da sé che, ad esempio, un ṣāʿ di
farina non pesa come un ṣāʿ di datteri. È bene sapere che nel caso della farina il suo ṣāʿ è
intorno a 1 kg e 600 g, cosicché chi volesse distribuire zakātu al-Fiṭr cercando di attenersi il
più possibile all’ordine del Profeta – che Dio Lo elogi e Lo preservi da ogni male – di versarla
tramite il cibo del posto, può tranquillamente pagarla comprando direttamente 2,5 kg di pasta5
e darli a chi ne ha bisogno o, qualora ci fosse, a una persona incaricata a raccoglierla che poi
penserà lui a distribuirla. Invece, per chi preferisca versarla tramite altri alimenti, tenga conto
che:
− Il peso di un ṣāʿ di datteri varia a seconda del tipo di dattero, e si aggira attorno ai 2 kg;
− Il riso varia da circa 2 kg e 220 g circa a 2 kg e 510 g;
− Il cuscus è circa 1,4 kg;
− Le lenticchie, a seconda del tipo, varia da circa 1,8 kg a 2,2 kg;
Questo solo per ricordare alcuni tra i cibi più facilmente reperibili in Italia. Mentre per
quanto riguarda, invece, il detto sopra ricordato, sheyẖ al-Albānī – che Dio abbia pietà di lui
– fa notare che ʿAbdullâh – che Dio sia soddisfatto di entrambi – ha sottolineato che il
Profeta ha reso obbligatorio pagare zakātu al-Fiṭr (o ṣadaqatu al-Fiṭr che dir si voglia, i
due termini indicano la stessa cosa) in un certo modo, e non si è limitato a dire “il Profeta la
pagava così ecc.”, in quanto il fatto che il Profeta – che Dio Lo elogi e Lo protegga da ogni
male – nelle varie versioni tutte autentiche in cui è stato riportato il detto l'abbia imposto
verbalmente, rappresenta una prova molto più evidente rispetto a quella basata su un
2Si veda il suo sito ufficiale: http://www.binbaz.org.sa/.
3Latte fermentato che viene congelato fino a quando non diventa duro come una pietra, e poi viene cotto.
4Dalle registrazioni audio di sheyẖ al-Albānī, Silsalatu al-Hudà wa al-Nūr, nastro n. 274, al
cinquantacinquesimo minuto della registrazione.
5Siccome è pressappoco la quantità di pasta che si ottiene da 1 kg e 600 g di farina.
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qualsiasi gesto che il Profeta fece senza tuttavia imporlo ai credenti della sua comunità.
E' stato chiesto a sheyẖ Ibn ʿUṯaymīn – che Dio abbia pietà di lui – se è lecito pagare
zakātu al-Fiṭr in contanti, egli rispose:
«Non è corretto pagare zakātu al-Fiṭr in contanti poiché il Messaggero di Dio – che Dio
Lo elogi e Lo preservi da ogni male – ha reso obbligatorio [pagarla con] un ṣāʿ di
datteri o un ṣāʿ di orzo o un ṣāʿ di aqṯ. E disse Ibn Saʿīd al-H̱ udrī, che Dio sia
soddisfatto di lui: “Eravamo soliti pagarla al tempo del Messaggero di Dio – che Dio Lo
elogi e Lo preservi da ogni male – con un ṣāʿ di cibo, e il cibo di quel tempo erano
l'orzo, i datteri, l'uvetta, e l'aqṯ”. Pertanto non è permesso pagarla tranne che con ciò che
ha reso obbligatorio il Messaggero di Dio, che Dio Lo elogi e lo preservi da ogni
male»6.
Le parole di Ibn Saʿīd al-H̱ udrī – che Dio sia soddisfatto di lui – “e il cibo di quel tempo
era” evidenziano una volta di più, fatto salvo l'obbligo di pagare suddetta imposta in cibo,
che il Messaggero di Dio – che Dio Lo elogi e Lo preservi da ogni male – non citò queste
categorie di cibo per indicare che la possibilità di pagare zakātu al-Fiṭr fosse limitata a
essi, bensì li indicò in quanto facevano parte del cibo di quel tempo, cioè a mo' d'esempio.
Inoltre, sempre sheyẖ Ibn ʿUṯaymīn – che Dio abbia pietà di lui – specificò in un'altra
fatwà:
«Per quanto riguarda zakātu al-Fiṭr, non è permesso pagarla in contanti, piuttosto è
necessario versarla in cibo e così è stato imposto. Questo perché il versarla in cibo fa
fronte a un bisogno dei poveri nel giorno del ʿīd».
E in un'altra fatwà disse anche:
«Per tanto non è lecito per nessuno pagarla in moneta, vestiti o farsh7, piuttosto è
necessario pagarla nel modo che è stato reso obbligatorio dal Messaggero di Dio –
che Dio Lo elogi e Lo preservi da ogni male – senza tenere conto degli apprezzamenti
o meno della gente, poiché la legge non va in base alle opinioni»8.
Sheyẖ al-Fawzān – che Dio lo protegga – ha detto:
«Per ciò che concerne versare il valore [corrispettivo del cibo in contanti], ciò non è
consentito poiché differisce da quanto ordinò il Messaggero – che Dio Lo elogi e Lo
preservi da ogni male – e da quello che fecero i suoi nobili Compagni.
E non si tiene conto del iǧtihād9 qualora questo devi / si discosti dai testi»10.
Questi verdetti rilasciati da alcuni dei più grandi Sapienti contemporanei, si poggiano,
spiegano e riassumono ciò che nei testi di giurisprudenza islamica viene menzionato da 1400
anni circa. Inoltre, essi ricordano che questo è il verdetto del ǧumhūr (maggioranza) e non
6Si veda: Maǧmūʿ Fatāwà wa Rasāʾil (18/180).
7Qualsiasi cosa che viene stesa per terra, come ad esempio: tappeti, tappetini, materassini, scendiletto, stuoie
ecc.
8Si veda: Maǧmūʿ Fatāwà wa Rasāʾil (18/280).
9Indagine o accertamenti di carattere normativo.
10Si veda: Muntaqī Fatāwà al-Fawzān (13-14/81).
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della totalità dei sapienti; infatti, basti pensare che tre scuole giuridiche su quattro sono di
questo parere mentre i Sapienti della scuola ḥanafita ritengono lecito pagare zakātu al-Fiṭr in
contanti. Dunque accertato che la differenza d'opinione esiste, anche se sembra essere di poco
conto, è bene precisare che la suddetta riguarda la liceità o meno del versare zakātu al-Fiṭr in
contanti, e non il fatto che sia meglio o più utile versarla in cibo anziché in moneta, vestiario,
stuoie e tutto ciò che cibo non è. Infatti, la totalità dei Sapienti è d’accordo che, ammesso e
non concesso che sia lecito elargirla in contanti, sia certamente meglio pagarla attenendosi
alla lettera delle direttive profetiche.
Sheyẖ al-Albānī – che Dio abbia pietà di lui – a proposito di coloro che pretendono o
presumono che in linee generali pagarla in contanti sia più utile disse:
«Qualora venisse un uomo a dire: “No! Pagare zakātu al-Fiṭr in contanti [versando il
valore corrispettivo del cibo] è più utile per il bisognoso”, ebbene qui vi è un doppio
errore. In prima istanza, lui sta divergendo dal testo e dalla sentenza riguardante
quest’atto di adorazione, e questo è il meno che si possa dire. Da un secondo punto di
vista invece [la sua affermazione] è estremamente pericolosa, perché vuol dire che il
Legislatore e il Saggio – e non è forse Costui il Signore dei mondi? – nel momento in
cui ha rivelato al Suo nobile Profeta di rendere obbligatorio per la Nazione musulmana
di sfamare tramite un ṣāʿ di cibo, non sapesse come ben perfezionare la condizione
dei poveri e dei bisognosi, a differenza - invece - di coloro che pretendono che pagare
zakātu al-Fiṭr in contanti [versando in soldi il rispettivo valore del cibo] sia meglio»11.
In altre parole, sheyẖ sta dicendo che chi afferma che i contanti siano più utili, è come se
stesse dicendo che Dio non sappia cosa sia più vantaggioso per le Sue creature, e che ne
sappia più di Lui l'Altissimo … e che Dio ce ne scampi! Inoltre, tra coloro che ritengono che
sia lecito elargire zakātu al-Fiṭr in contanti vi è chi contesta il fatto che all'epoca del Profeta –
che Dio Lo elogi e Lo preservi da ogni male – fosse possibile solo pagarla in cibo, poiché
contanti, oro, argento e questo tipo di beni non erano disponibili, e per tale motivo non sono
citati nei numerosi detti riguardanti l’argomento. Sheyẖ Ibn ʿUṯaymīn – che Dio abbia pietà di
lui – rispondendo a chi sollevò questa questione, disse:
«Assolutamente no! La moneta (dirhām) c'era, l'oro c'era e l'argento c'era. Disse il
Messaggero – che Dio Lo elogi e Lo preservi da ogni male – tra ciò che di autentico ci è
stato riportato su di lui dal detto di ʿUbādah ibn Ṣamitī: “Oro per oro, argento per
argento, grano per grano, datteri per datteri, orzo per orzo e sale per sale”. Tutto
questo era presente al tempo del Messaggero – che Dio Lo elogi e Lo protegga da ogni
male – eppure non rese obbligatorio per la sua comunità tranne che un ṣāʿ di datteri o di
orzo. Com'è possibile dunque che si dica, dopo quanto ricordato, che la cosa migliore è
che essa sia devoluta in soldi? È possibile che qualcuno affermi che la cosa più utile per
il bisognoso sia versargli zakātu al-Fiṭr in soldi affinché benefici del denaro nella
maniera in cui meglio crede. Però dato che questa faccenda è già stata accertata dai
testi, noi non volgiamo le spalle a ciò che ha prescritto la legge sciaraitica, ed essa
ne sa certamente più di noi. Quale sarebbe la nostra posizione davanti a Dio qualora ci
11Dalle registrazioni audio di sheyẖ al-Albānī, Silsalatu al-Hudà wa al-Nūr, nastro n. 274, al diciottesimo
minuto della registrazione.
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dovesse dire: “Invero vi è giunto, a proposito del Messaggero – che Dio Lo elogi e Lo
preservi da ogni male – tramite una catena di narrazione autentica, ciò che riferì
ʿAbdullâh figlio di ʿUmar ibn al-H̱ aṯṯāb su di lui?”. Quale sarebbe la nostra
argomentazione qualora Dio ci dicesse: “Invero il Mio Profeta vi ha obbligato a pagare
zakātu al-Fiṭr tramite un ṣāʿ di datteri o di orzo?!”. Abbiamo forse un argomento valido
affinché noi si possa dire: “O Signore nostro invero vediamo che sia meglio pagarla in
dirhām?”. No, nella maniera più assoluta»12.
Inoltre, sheyẖ Ibn ʿUṯaymīn – che Dio abbia pietà di lui – disse anche nella stessa
circostanza:
«Alcune persone dicono: “Quando diamo al bisognoso un ṣāʿ di cibo egli lo vende, e
noi lo vediamo con i nostri occhi, a metà del suo prezzo o a un prezzo minore o
maggiore”. Così noi diciamo [a costoro]: a noi non riguarda ciò che fa il bisognoso, il
nostro dovere è fare ciò che ci fu ordinato e dire abbiamo ascoltato e quindi obbedito,
offrendo il cibo, dopodiché spetta al bisognoso che ne prende possesso decidere cosa
farne; che lo voglia mangiare, che lo voglia mettere da parte, che lo voglia vendere, che
lo voglia regalare o che lo voglia offrire lui stesso come sadaqah non è una cosa che ci
riguarda, ciò che ci è stato ordinato di fare è di versare zakātu al-Fiṭr in cibo».
Conclusioni
Circa la liceità o meno di versare zakātu al-Fiṭr in contanti abbiamo tre pareri diversi:
1. Non è lecito. Questo è il parere del ǧumhūr (maggioranza) dei Sapienti, e più
precisamente delle scuole giuridiche malikita, ḥanbalita e shafiʿīta. La loro
argomentazione è basata sul testo dei vari detti profetici e su ciò che di essi
palesemente appare.
2. È lecito. Questo è il parere della scuola ḥanafita, e di una stretta minoranza di
Sapienti delle scuole ḥanbalita e shafiʿīta. Il loro parere – da quel che sappiamo –
non si basa sui testi ma parte dal ragionamento che l'obbiettivo di zakātu al-Fiṭr sia
di arricchire, di quel tanto di cui ha bisogno, il bisognoso nel giorno della ʿīd, e che
l'arricchimento si ottenga il più delle volte tramite contanti.
3. Il terzo parere, che è anche quello per il quale optò sheyẖ Ibn Taymiyyah – che Dio
abbia pietà di lui – viene ricordato in uno dei discorsi della scuola dell'imām
Aḥmad, secondo cui l'origine della questione – al pari di ciò che confermano le
fatāwà di cui sopra – è che zakātu al-Fiṭr sia versata in cibo, tuttavia è possibile fare
uno strappo alla regola solo ed esclusivamente in presenza di un forte bisogno o
una necessità stringente di chi ha diritto a suddetta zakātu al-Fiṭr, e a patto che
effettivamente ciò gli torni utile. Si pensi ad esempio al bisognoso, che avendo
diritto a suddetta zakāh, abbia già ricevuto come ṣadaqatu al-Fiṭr del cibo e
nonostante ciò abbia un forte bisogno di soldi, ebbene secondo questo terzo parere,
chi conoscesse un bisognoso in tali condizioni potrebbe discostarsi dal principio che
12Si veda: Fatāwà al-Ḥaram al-Makkī, anno 1407 d.H., nastro n. 15.
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regola in origine la questione e versargli dei soldi come zakātu al-Fiṭr.
Il terzo parere dovrebbe, e Dio ne sa certamente di più, essere quello che più si avvicina
alla verità, perché concilia i due principi. Rispetta difatti le direttive impartite dal Messaggero
di Dio e tiene conto tuttavia, in casi rari e del tutto eccezionali, dell'obiettivo per cui è stata
istituita questa norma e del vantaggio che potrebbero trarne i bisognosi in circostanze di
necessità stringenti.
Che Dio ci conceda la conoscenza della Sua Religione e una pratica coerente a essa,
accolga le nostre adorazioni e ci annoveri tra i di Lui timorati. E tutte le lodi spettano a Dio, il
Signore dei mondi.