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LA SINCERITÀ


Dell’imām al-Nawawī1


Nel nome di Dio, il Sommamente Misericordioso, il Misericorde.





Dal principe dei credenti, il padre di Ḥafṣ, ʿUmar ibn al-H̱ aṭṭāb – che Allâh


sia soddisfatto di lui – disse: «Ho sentito il Messaggero di Allâh – che Allâh


lo elogi e lo preservi – dire: “In verità le azioni non dipendono che dalle


intenzioni, e ogni essere umano sarà ricompensato solo per ciò che


intende avere: chi è emigrato verso Allâh e il Suo Messaggero, la sua


emigrazione è stata verso Allâh e il Suo Messaggero; chi è emigrato al


fine di godersi i piaceri della vita terrena o per sposare una donna, la


sua emigrazione è stata verso ciò per cui l’ha compiuta”»2.


l detto stabilisce che l’intenzione (niyyah, pl. niyyāt) è il criterio in base al quale si giudica


l’autenticità delle azioni. Quindi laddove l’intenzione è genuina lo è anche la rispettiva


azione, mentre laddove l’intenzione è malsana lo è anche la rispettiva azione3.


1L’articolo qui proposto è la traduzione della spiegazione data dall’insigne sapiente al-Nawawī – che Allâh


abbia misericordia di lui – al primo dei quarantadue ḥadīṯ della sua famosa raccolta al-Arbaʿūn al-Nawawiyyah.


2


Detto autenticato di comune accordo: al-Buẖārī (n. 1) e Muslim (n. 1907).


3Qui l’imām al-Nawawī – che Allâh abbia misericordia di lui – sta dando particolare risalto al fatto che se


I


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


2


Quando l’azione è associata a una corretta intenzione, si presentano tre casi differenti:


1. L’azione è compiuta per via del timore che si ha di Allâh l’Altissimo; questa è


l’adorazione dello schiavo.


2. L’azione è compiuta per cercare di ottenere il Paradiso e la ricompensa; questa è


l’adorazione del commerciante.


3. L’azione è compiuta avendo profonda soggezione di Allâh l’Altissimo, adempiendo


in maniera giusta alla dovuta adorazione e mostrando gratitudine; tuttavia,


nonostante ciò, l’adoratore si sente negligente e il suo cuore è in apprensione


poiché non ha la certezza che la sua azione sarà accettata oppure no. Questa è


l’adorazione della persona libera, a essa fece riferimento il Messaggero di Allâh


– che Allâh lo elogi e lo preservi – quando ʿĀʾišah – che Allâh sia soddisfatto di


lei – gli chiese, nella circostanza in cui restò alzato in preghiera la notte fino al


punto di avere i piedi tumefatti:


«O Messaggero di Allâh! perché lo fai, quando Allâh ti ha già perdonato i


peccati commessi in precedenza e quelli che commetterai?». Rispose:


«Non dovrei essere forse un servo molto riconoscente?»4.


Quindi ci si chiede: «È più meritoria l’adorazione compiuta con uno stato d’animo timoroso o


speranzoso?»; al-Ǧazālī – che Allâh abbia misericordia di lui – rispose: «L’adorazione compiuta


con uno stato d’animo speranzoso è più meritoria, poiché la speranza suscita amore,


mentre il timore suscita scoraggiamento»5. Questi tre casi riguardano le persone sincere.


l’intenzione non è sincera l’azione risultante dalla sua attuazione concreta è inaccettabile, indipendentemente


dalla maniera in cui sia stata compiuta l’azione. Nel caso invece in cui l’intenzione sia sincera, tuttavia, esiste


anche un’altra condizione affinché l’adorazione compiuta dal credente sia accettata; essa richiede che l’azione


sia compiuta in accordo alla maniera insegnata dal nostro amato Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi – per


via delle sue parole:


«Chi compie un’azione non conforme al nostro ordinamento [all’Islam] sarà respinta» (ripotato


da al-Buẖārī e Muslim).


Quindi affinché un atto di adorazione sia accettato esso deve soddisfare entrambe le condizioni: essere provvisto


di un’intenzione sincera ed essere compiuto in accordo alla Legge Islamica (šarīʿah).


4


Detto autenticato di comune accordo: al-Buẖārī (n. 4836) e Muslim (n. 2820).


5Il timore e la speranza fanno parte dell’adorazione. Il sapiente Muḥammed ibn ʿAlī Firkūs ha detto (Fatāwá


al-ʿAqīdah, verdetto n. 157):


«Tra i diritti che Allâh ha sui Suoi servi vi è il tawḥīd, e la purificazione del culto [dallo širk] rivolto


ad Allâh – gloria a Lui l’Altissimo – ed Egli ha ordinato ai Suoi servi di adorarLo e invocarLo


provando timore per l’Inferno e la Sua Punizione, e nutrendo desiderio per il Paradiso e le Sue


Grazie. Disse l’Altissimo:


{InvocateLo impauriti [dal Suo Castigo] e desiderosi [della Sua Ricompensa]} (Capitolo


VII, al-ʿArāf, versetto n. 56).


Il timore e la speranza fanno parte di quei tipi di adorazione che consentono al credente di


avvicinarsi ad Allâh – gloria a Lui l’Altissimo – in quanto il timore porta il servo ad allontanarsi


dagli atti di disobbedienza e dai divieti, mentre la brama del Paradiso lo invoglia a compiere le


opere pie e tutto ciò di cui si compiace il suo Signore. Per questo Allâh l’Altissimo ha elogiato i


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


3


Sappi che la sincerità (iẖlāṣ) può essere contaminata dalla disgrazia della vanagloria; chi si


vanta della propria azione la rende nulla, così come chi si gonfia di superbia per via


dell’azione che ha compiuto la rende nulla. Potrebbe anche accadere che l’azione sia compiuta


per la brama sia dei piaceri della vita terrena che di quelli della vita futura dopo la morte;


alcuni sapienti considerano quest’azione compiuta con tale intenzione inammissibile, basandosi


sul detto del Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi – tramite le Parole divine:


«Allâh l’Altissimo ha detto: “Io sono Colui che non ha bisogno di alcun socio;


chi compie un’azione associando a Me qualcuno o qualcos’altro, Io mi dissocio


da lui”»6.


al-Ḥāriṯ al-Muḥāsibī nel suo libro al-Riʿāyah giunse alla seguente conclusione:


«La sincerità consiste nell’ubbidire esclusivamente ad Allâh e a nessun altro».


L’ostentazione (riyāʾ) è di due tipi. Il primo tipo consiste nell’ubbidire ad Allâh solamente


per farsi notare dalla gente, mentre il secondo consiste nell’ubbidire ad Allâh con l’intento sia


di mettersi in mostra agli occhi della gente sia di compiacere al loro Signore; entrambi rendono


nulla l’azione. Queste parole, riportate dall’erudito Abū Naʿīm in al-Ḥilyah, furono trasmesse


da alcuni pii predecessori (salaf), i quali presero anche come prova per giungere a tale


conclusione le parole dell’Altissimo:


{Colui che costringe al Suo Volere, il Supremo. Allâh non conosce difetto, è


assai al di sopra di ciò che Gli associano}7.


Analogamente Allâh è troppo Grande per essere messo dopo [nella stima, nell’amore e


nell’importanza] alla moglie, ai figli e ai soci; ed è così Grande che non accetta le azioni in


cui Gli è associata una qualsiasi altra cosa. Egli è l’Altissimo, il più Grande – assai Grande – e


il Supremo. al-Samarqandī – che Allâh abbia misericordia di lui – disse:


«Ciò che è fatto esclusivamente per Allâh è accettato, ma ciò che è fatto con lo


scopo di compiacere alla gente è rigettato».


Suoi Profeti dicendo:


{Invero Essi erano soliti affrettarsi a compiere il bene e a invocarCi con speranza e


timore, ed erano umili di fronte a Noi} (Capitolo XXI, I Profeti, versetto n. 90).


Cioè pieni di speranza [di entrare] nel Paradiso e impauriti dal Suo Castigo, come ha detto


l’Altissimo:


{Annuncia ai Miei servi [o Muḥammed!] che invero Io sono il Perdonatore, il


Misericorde, e che il Mio Castigo è il castigo più doloroso} (Capitolo XV, al-Ḥiǧr, versetti


n. 49-50).


E disse, inoltre, l’Altissimo rivolgendosi al Suo nobile Messaggero:


{Di’: «Io ho di certo il terrore di un Giorno tremendo, se disobbedisco al mio signore!»}


(Capitolo VI, Il Bestiame, versetto n. 15).


Questo è quanto [il musulmano deve nutrire in termini di timore e speranza]. I Sufi invece nelle loro


credenze contrastano questi testi chiari invitando la gente a lasciare la paura dell’Inferno e la


speranza dell’ingresso in Paradiso, anzi rendono tutto ciò una forma di attribuzione di soci (širk) ad


Allâh l’Altissimo, così come ci è pervenuto a proposito di alcuni dei loro maestri che hanno


[interpretato in maniera falsa] alcuni versetti del Nobile Corano».


6


Riportato da: Muslim (n. 2985) e altri.


7


Capitolo LIX, Il Raduno, versetto n. 23.


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


4


Un esempio cui fa riferimento questo discorso è il caso di chi esegue la preghiera del mezzogiorno


(ẓuhr) con lo scopo di adempiere ciò che Allah gli ha prescritto, allungandone i pilastri,


prolungando la recitazione e abbellendone gli aspetti, col solo proposito di compiacere ad


Allah; quindi per principio la preghiera così compiuta è accettata. Nel caso però in cui


l’allungasse e l’abbellisse con l’intento di compiacere alla gente, la preghiera non sarebbe accettata


perché il proposito per via del quale l’ha eseguita è rivolto alla gente. Fu chiesto a šeyẖ


ʿIzz al-Dīn ibn ʿAbd al-Salām a proposito di chi allunga la preghiera con lo scopo di compiacere


alla gente, rispose:


«Spero che non gli sia resa nulla la sua azione».


Ciò vale per tutta l’azione8 poiché l’associazione si manifesta nella maniera in cui si sta eseguendo


l’azione. Così se si esegue la preghiera obbligatoria con lo scopo di compiacere ad


Allâh l’Altissimo e alla gente, essa non è accettata per via del fatto che tale associazione è stata


posta in origine all’azione.


L’ostentazione come può essere presente nell’azione, può altresì manifestarsi quando


s’interrompe il compimento di un’azione. al-Fuḍayl ibn ʿIyāḍ – che Allâh abbia misericordia


di lui – disse:


«Il rinunciare a eseguire un’azione per compiacere alla gente è ostentazione; il


compiere un’azione col proposito di compiacere alla gente è associazione; la sincerità


si ha quando Allâh ti salvaguarda da queste due cose».


Il significato delle sue parole è: chi decide di compiere un atto d’adorazione ma poi non lo


porta a termine per paura che la gente lo venga a sapere ha commesso ostentazione, poiché ha


rinunciato a eseguire l’azione per compiacere alla gente; al contrario il rinunciare a eseguire la


preghiera9 per poterla fare in disparte è invece raccomandabile, eccetto il caso in cui si tratti di


un’orazione obbligatoria, della zakah o di un sapiente che è preso come esempio, poiché in


questo caso l’eseguire l’adorazione in pubblico è più meritorio.


L’ostentazione rende nulla l’azione come pure il vantarsi di ciò che si è fatto, ossia il compiere


qualcosa per Allâh in disparte e in seguito andare a raccontarlo alla gente; a tale proposito,


il Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi – disse:


«Chi racconta in giro ciò che fa Allâh lo scredita, e chi commette ostentazione


Allâh lo smaschera»10.


I sapienti dicono: «Se fosse menzionata l’azione di un dotto, che è preso dalla gente come un


esempio da seguire, con lo scopo di spronare gli ascoltatori a eseguirla non c’è alcun problema


». al-Marzabānī – che Allâh abbia misericordia di lui – disse:


«L’orante ha bisogno di quattro determinate disposizioni affinché la sua preghiera


sia innalzata: la partecipazione del cuore, la presenza della mente, la sottomissione


del corpo e la devozione delle membra del corpo. Chi compie la preghiera senza la


8


Cioè: vale per l’intero atto e non solamente per una sua parte o più. Nell’esempio qui riportato, sia l’atto di


allungare e abbellire la preghiera sia l’espletamento della sua forma basilare sono nulli.


9


Oppure un altro atto d’adorazione.


10


Riportato da: al-Buẖārī (n. 6499) e Muslim (n. 2987).


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


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partecipazione del cuore è distratto; senza la presenza della mente è disattento;


senza la sottomissione del corpo è distaccato; senza la devozione delle membra


del corpo è nell’errore. Invece chi la esegue con tutte queste disposizioni è stato


esauriente».


In merito alle sue parole: «In verità le azioni non dipendono che dalle intenzioni», il


Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi – intende le azioni d’ubbidienza e non tutte quelle


lecite in generale11. al-Ḥāriṯ al-Muḥāsibī disse:


«La sincerità (iẖlāṣ) non ha pertinenza con ciò che non implica né la ricompensa


né la punizione, perché l’azione puramente lecita non include né assegna meriti.


Un esempio di tale concetto è l’atto di costruire un edificio senza alcuno scopo se


non per vantarsene12; ma se fosse costruito con lo scopo di realizzare una moschea,


un ponte o un posto fortificato di frontiera, allora la condizione sarebbe diversa


poiché l’azione in questo caso sarebbe di certo meritevole […] Non si può


parlare di sincerità quando l’azione è illecita o odiosa, come ad esempio nella circostanza


di chi guarda qualcosa che è vietato guardare pretendendo di farlo con


l’intenzione di meditare sulla creazione di Allâh l’Altissimo (si pensi ad esempio


al caso di chi guarda con desiderio l’imberbe). Di conseguenza in questo non può


esserci sincerità e non è certamente un’opera buona».


Disse anche:


«La veridicità (ṣidq) è attribuita come qualità a un servo quando ciò che prova il


suo animo corrisponde a quello che rende manifesto con le parole e le azioni, e la


sua interiorità coincide con la sua esteriorizzazione. Essa si realizza quando è presente


in tutte le possibili condizioni e casi poiché non ha bisogno di nulla; mentre


la sincerità ha bisogno della veridicità. La sincerità in sostanza consiste nell’avere


l’intenzione di rivolgersi unicamente ad Allâh l’Altissimo nell’espletamento di un


atto d’ubbidienza. Ad esempio, il sincero ha l’intenzione di rivolgere solamente ad


Allâh una certa preghiera però può accadere che durante la sua esecuzione sia distratto


a causa della non partecipazione del suo cuore13, invece la veridicità consiste


in entrambe le cose: l’intenzione di rivolgere l’atto esclusivamente ad Allâh e


il far partecipare il proprio cuore durante la sua esecuzione. Così ogni persona veritiera


è anche sincera, ma ogni persona sincera non è detto che sia anche veritiera.


Questo concetto può essere espresso mediante i significati di connessione e distacco,


poiché essere distaccato da tutto ciò che è diverso da Allâh equivale a essere


a Lui legato con la partecipazione del cuore; il senso è di abbandonare tutto


eccetto Allâh per essere presente al suo cospetto con la partecipazione del cuore.


Gloria ad Allâh l’Altissimo».


Le parole del Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi: «In verità le azioni», possono riferirsi


alla correttezza, autenticazione o accettazione delle azioni; l’imām Abū Ḥanīfah – che


11Cioè: tutte quelle azioni che non sono meritorie e neanche proibite.


12Cioè: in tal caso sarebbe improprio da un punto di vista religioso parlare di vanagloria o atto non sincero.


13Così questa persona pur essendo sincera non è veritiera poiché ciò che rende manifesto non coincide con ciò


che realmente prova il suo animo.


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


6


Allâh abbia misericordia di lui – adotta tale conclusione. Inoltre, l’espressione del Profeta –


che Allâh lo elogi e lo preservi – esclude allo stesso tempo tutte quelle azioni che sono esenti


dall’intenzione, come ad esempio: la rimozione delle impurità, il restituire il maltorto, il ridare


ciò che è stato preso a prestito, il consegnare un dono e altro; quindi in questo caso la correttezza


dell’azione non dipende dall’intenzione per cui è stata compiuta [essendo di per sé una


buona azione], bensì è la sua ricompensa che dipende dall’aver avuto l’intenzione di compierla


per avvicinarsi ad Allâh. [Per comprendere tale concetto si prenda] l’esempio di chi dà il


mangime al proprio animale da soma, se lo fa con il proposito di compiere un atto di ubbidienza


ad Allâh l’Altissimo sarà ricompensato, ma se invece lo fa per preservare il suo bene


non ci sarà per lui alcuna ricompensa così come spiega al-Qarāfī; tuttavia bisogna fare


un’eccezione per la cavalcatura di chi si adopera nel ǧihād, nella circostanza in cui sia dedicata


alla causa di Allâh, poiché quando l’animale beve senza il volere del suo proprietario


quest’ultimo sarà comunque ricompensato com’è accertato nel Ṣaḥīḥ di al-Buẖārī. Altri


esempi analoghi sono la condizione della moglie14, l’azione di chiudere la porta e lo spegnere


il lume quando si va a dormire; se ciò è fatto con il solo proposito di ubbidire ad Allâh


l’Altissimo allora ci sarà la ricompensa altrimenti no.


Sappi che il significato letterale di niyyah è “proposito”15, e si dice anche: «Che Allâh voglia


per te un bene» ossia «Che tu sia lo scopo del bene che vuole concedere». Invece nella


Legge Islamica (šarīʿah) è lo scopo di fare una cosa congiunto all’azione per realizzarlo, poiché


l’avere il proposito di fare una determinata cosa senza adoperarsi per compierla sarebbe


soltanto una mera volontà. L’intenzione è stata istituita dalla Legge Islamica per distinguere


l’atto d’adorazione dall’azione abituale, e per differenziare fra loro i diversi gradi degli atti di


culto.


 Esempi inerenti al primo caso (distinzione fra l’atto d’adorazione e l’azione abituale)


Si consideri il caso della persona che sta in moschea. Tale azione è compiuta di solito


con lo scopo di riposare, ma potrebbe anche essere compiuta come atto d’adorazione


con l’intenzione di fare il ritiro (ʿitikāf); quindi ciò che distingue l’adorazione


dall’abitudine è l’intenzione. Similmente, di solito una persona si fa la doccia per


semplicemente lavare il proprio corpo, ma potrebbe anche essere fatta per purificarsi


(ǧusl); perciò ciò che consente la distinzione fra i due tipi d’azione è proprio


l’intenzione. A questo concetto il Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi – fece riferimento


quando gli fu chiesto in merito alle diverse ragioni per cui combatte


l’uomo: «L’ostentazione, il fanatismo o l’eroismo: quale di questi propositi è per la


Causa di Allâh l’Altissimo?». Rispose: «Chi lotta affinché la Parola di Allâh sia la


più Alta, questo è per la Causa di Allâh l’Altissimo»16.


 Esempi inerenti al secondo caso (differenziazione fra i vari livelli dell’adorazione)


È ciò che differenzia i diversi gradi dell’adorazione. Chi esegue la preghiera di quattro


rakʿāh può farlo con l’intento di adempiere l’orazione del ẓuhr oppure di compie-


14Cioè: rispetto al proprio marito.


15Cioè: ciò che uno stabilisce nel suo animo di fare o non fare.


16


Riportato da: al-Buẖārī (n. 2810) e Muslim (n. 1904).


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


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re una Sunnah, quindi ciò che consente la distinzione è l’intenzione. Un caso analogo


è l’affrancamento di uno schiavo; infatti, tale atto può essere compiuto con lo scopo


di fare ammenda di qualcosa (kaffārah) oppure per un altro motivo come per un voto


(naḏr) o altro. Perciò ciò che consente la distinzione fra i vari livelli dell’adorazione


è proprio l’intenzione.


In merito alle sue parole: «Ogni essere umano sarà ricompensato solo per ciò che intende


avere», il Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi – stabilisce che non è ammesso eseguire


gli atti d’adorazione in funzione di sostituto e neanche affidare l’intenzione per procura;


tranne il caso della distribuzione della zakah e dell’immolazione della vittima sacrificale, poiché


in questi ultimi due casi è permessa la procura per l’intenzione, la distribuzione e


l’immolazione, purché chi dà la procura abbia espresso la volontà a tale riguardo. Per quanto


riguardo il ḥaǧǧ non è concesso incaricare un sostituto quando si è in grado di compierlo;


mentre per il debito, se è costituito da un’unica somma di denaro allora non è necessario


esprimere l’intenzione17, ma se è invece suddiviso in due parti, come ad esempio il caso di chi


ha avuto in prestito due mila di cui mille coperte da un pegno, il debitore può esprimere


l’intenzione di restituire mille per riscattare il pegno – ciò sarebbe corretto – oppure può anche


non esprimere alcuna intenzione in merito a tale restituzione18 per formularla in un secondo


tempo a favore di una parte o dell’altra del debito. Ritengo che non sia ammissibile posticipare


la formulazione dell’intenzione all’esecuzione dell’azione tranne quest’ultimo caso.


In merito alle parole del Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi: «Chi è emigrato verso


Allâh e il Suo Messaggero, la sua emigrazione è stata verso Allâh e il Suo Messaggero;


chi è emigrato al fine di godersi i piaceri della vita terrena o per sposare una donna, la


sua emigrazione è stata verso ciò per cui l’ha compiuta», il principio dell’emigrazione


(hiǧrah) è il distaccarsi e l’abbandonare. Sotto il termine hiǧrah sono classificati più casi:


1. L’emigrazione dei ṣaḥābah – che Allâh sia soddisfatto di loro – da Mecca all’Abissinia.


Ciò avvenne quando gli associatori perseguitarono il Messaggero di Allâh – che Allâh


lo elogi e lo preservi – così alcuni di loro fuggirono da tale situazione andando dal Negus


di quel regno. Questa emigrazione secondo al-Bayhaqī avvenne nel quinto anno


successivo all’investitura divina del Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi.


2. L’emigrazione da Mecca a Medina, la quale tredici anni dopo l’inizio della Rivelazione


divina; così fu obbligatorio per tutti i musulmani che vivevano a Mecca emigrare verso


il Messaggero di Allâh – che Allâh lo elogi e lo preservi – a Medina. Alcuni sapienti ritengono


che l’emigrazione fosse obbligatoria non tanto per andare a vivere stabilmente


a Medina come regola assoluta, quanto per emigrare verso il Messaggero di Allâh – che


Allâh lo elogi e lo preservi –19.


3. L’emigrazione delle tribù verso il Messaggero di Allâh – che Allâh lo elogi e lo preservi


– per imparare la Legge Islamica (šarīʿah) e per poi ritornare dalla loro gente a insegnargliela.


17Cioè: non è necessario esprime la volontà deliberata di saldare il debito.


18Cioè: se riscattare il pegno o saldare l’altra parte.


19Cioè: alcuni sapienti ritengono che l’obbligo consistesse in realtà nell’emigrare verso il Profeta – che Allâh


lo elogi e lo preservi – ovunque si trovasse.


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


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4. L’emigrazione di chi divenne musulmano fra la gente di Mecca per recarsi dal Profeta –


che Allâh lo elogi e lo preservi – e per poi ritornare dalla sua gente.


5. L’emigrazione da un paese miscredente (bilād al-Kufr) a un paese musulmano (bilād al-


Islām). Non è lecito per il musulmano risiedere in un paese in cui regna la miscredenza


(dār al-Kufr). A tal proposito al-Māwardī disse:


«Se in questo paese ha la propria famiglia e la propria gente, e inoltre, ha la possibilità


di manifestare il proprio credo e praticare la propria religione, allora non è


tenuto a emigrare poiché il posto in cui risiede è come [se fosse] un paese musulmano


(dār al-Islām)».


6. L’allontanamento del musulmano da un suo fratello per oltre tre giorni senza avere una


ragione validata concessa dalla Legge Islamica; fino a tre giorni è odioso (makrūh), oltre


è proibito tranne il caso in cui ci sia una costrizione. Si racconta che un uomo ruppe i


rapporti con un suo fratello nell’Islàm per tre giorni, così quest’ultimo gli scrisse i seguenti


versetti:


O egregio signore! tu mi hai recato una grossa ingiustizia;


puoi accertartene da Ibn Abī H̱ ayṯamah;


infatti, ha riportato a noi che suo nonno;


riferì ciò che al-Ḍaḥāk narrò da ʿIkrimah;


da Ibn ʿAbbās, che il Prescelto;


il nostro Profeta inviato per mezzo della Misericordia;


che il respingere il proprio caro amico;


per oltre tre giorni è stato proibito dal nostro Signore.


7. L’allontanamento del marito dalla propria consorte quando perdura nel mostrare un carattere


litigioso. L’Altissimo ha detto:


{E lasciatele sole nei loro letti}20.


Inoltre, sullo stesso piano è l’emigrazione dai peccatori21: l’allontanarsi dal luogo in cui


si trovano, il non dar retta a ciò che dicono, l’evitare di rispondere al loro saluto di pace


e di porgerglielo.


8. L’allontanarsi da tutto ciò che è stato vietato da Allâh: questo è il senso generale


dell’emigrazione.


Ibn al-ʿArabī22 disse:


20


Capitolo IV, Le Donne, versetto n. 34.


21Nel testo originale le parole di Ibn al-ʿArabī sono state riportate dall’autore tra il secondo e il terzo tipo di


emigrazione (hiǧrah); abbiamo preferito nella traduzione posticiparle alla conclusione di questa trattazione al


fine di non far perdere l’ordine degli argomenti al lettore. Abū Bakr ibn al-ʿArabī (1076 - 1148) – che Allâh


abbia misericordia di lui – è il grande sapiente mālikita, da non confondere con Muḥammed ibn ʿAlī Muḥammed


ibn ʿArabī (1165 - 1240) il mistico sufi le cui idee – che Allâh ce ne scampi – hanno portato e portano


oggigiorno allo sviamento e alla perdizione numerose persone.


22


Capitolo IV, Le Donne, versetto n. 34.


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


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«I sapienti affermano che nel mondo si viaggia per fuggire o ricercare qualcosa; il


primo dei due si suddivide ulteriormente in sei casi:


a) Il lasciare un paese non musulmano (dār al-Ḥarb) per andare a vivere in


un paese musulmano (dār al-Islām), ciò varrà fino al Giorno della Resurrezione.


L’emigrazione che invece terminò con la conquista di Mecca, in


merito al suo detto:


«Non c’è [più] emigrazione dopo la conquista»23,


è da intendersi come l’emigrazione che fu obbligatoria verso il Messaggero


di Allâh – che Allâh lo elogi e lo preservi – ovunque si trovasse24.


b) L’abbandonare un luogo in cui è diffusa l’eresia (bidʿah). Ibn al-Qāsim


disse:


«Ho sentito Mālik dire: “Non è lecito per nessuno risiedere in un


luogo in cui sono insultati i salaf ”».


c) L’abbandonare un luogo in cui regna l’illecito, poiché la ricerca del lecito


è un dovere per ogni musulmano.


d) Il fuggire da tutto quello che potrebbe recare danno o molestia al corpo,


questo è stato permesso per Grazia di Allâh l’Altissimo. Così alla persona


che si trova in pericolo in un determinato luogo, Allâh concede di


uscire e di fuggire da tale posto per evitare il male temuto. Il primo a


fuggire per questo motivo fu Ibrāhīm – su di lui la Pace – il quale disse


allorché ebbe timore della propria gente:


{In verità emigrerò verso il mio Signore}25.


E Allâh l’Altissimo disse a proposito di Mūsá – su di lui la Pace:


{Quindi uscì da quel luogo guardandosi attorno impaurito}26.


e) L’abbandonare un paese insalubre per chi ha paura di ammalarsi al fine


di recarsi in un luogo più sano. Il Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi


– permise ad alcune persone in visita a Medina di recarsi in campagna


nei dintorni della città.


f) L’allontanarsi da un luogo per via del timore di perdere i propri beni,


poiché i beni del musulmano sono sacri come lo è la sua vita.


Invece il viaggio per la ricerca di qualcosa può essere compiuto per la religione


o la vita terrena. Il primo motivo si suddivide ulteriormente in nove casi:


23


Riportato da: al-Buẖārī (n. 2783) e Muslim (n. 1353).


24


Ossia l’emigrazione citata al punto 2.


25


Capitolo XXIX, Il Ragno, versetto n. 26.


26


Capitolo XXVIII, Il Racconto, versetto n. 21.


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


10


a) Il viaggio per contemplare il creato Allâh l’Altissimo ha detto:


{Non hanno dunque viaggiato sulla terra, non hanno visto quale


fu la fine di coloro che li precedettero nonostante che fossero


assai più forti di loro?}27.


Ad esempio il Bicorne (Ḏū al-Qarnayn) viaggiò per il mondo per osservare


le sue meraviglie.


b) Il viaggio per il pellegrinaggio (ḥaǧǧ).


c) Il viaggio per il ǧihād.


d) Il viaggiare per procurarsi il sostentamento.


e) Il viaggio per il commercio e per cercare di guadagnare beni più del necessario


alla sopravvivenza, ciò è lecito per le Parole dell’Altissimo:


{Non ci sarà su di voi alcuna colpa se cercherete di guadagnarvi


i Favori del vostro Signore}28.


f) La ricerca del sapere.


g) Il mettersi in viaggio per recarsi nei luoghi sacri. Il Profeta – che Allâh lo


elogi e lo preservi – disse:


«Non c’è luogo [sacro] in cui recarsi se non per le tre moschee


»29.


h) Il mettersi in viaggio con il proposito di presidiare i fortini costruiti in


prossimità delle frontiere dei paesi musulmani.


i) Il far visita ai fratelli per l’amore provato nei loro confronti in Allâh


l’Altissimo. A tal proposito, il Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi –


disse:


«Un uomo stava andando a visitare un suo fratello nell’Islàm


che viveva in un altro paese quando incontrò un angelo che


Allâh appostò sulla sua strada, il quale disse all’uomo: “Dove


sei diretto?”; “Sto andando da un fratello che abita in questo


paese”, rispose. Allora l’angelo gli chiese: “Stai andando da lui


perché desideri che ti ricambi un favore che gli hai fatto?”;


“No! non vi è altra ragione che il mio amore per lui in Allâh,


Possente ed Eccelso”, rispose l’uomo. Così, infine, l’angelo disse:


“In verità sono un Messaggero di Allâh che mi ha inviato


27


Capitolo XXXV, Il Ragno, versetto n. 44.


28


Capitolo II, La Vacca, versetto n. 198.


29


Riportato da: al-Buẖārī (n. 1197) e Muslim (n. 827). Le tre moschee sono in ordine d’importanza: la


moschea sacra a Mecca, la moschea del Profeta a Medina e la moschea al-Aqṣá a Gerusalemme.


La sincerità (iẖlāṣ) dell’imām al-Nawawī


11


per annunciarti che Egli ti ama come tu L’hai amato per via di


quella persona»30.


Il Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi – con le sue parole: «Chi è emigrato verso


Allâh e il Suo Messaggero», fa riferimento a chi è emigrato con questo proposito e deliberatamente;


«La sua emigrazione è stata verso Allâh e il Suo Messaggero», ossia in accordo


alla Legge Islamica, al contrario di: «Chi è emigrato al fine di godersi i piaceri della vita


terrena o per sposare una donna, la sua emigrazione è stata verso ciò per cui l’ha compiuta


». Si racconta che un uomo emigrò da Mecca a Medina non per ricercare i meriti


dell’emigrazione (hiǧrah), ma per sposare una donna di nome Umm Qays; così la gente gli


diede il soprannome di: Muhāǧir Umm Qays, ossia colui che è emigrato per Umm Qays. Tuttavia


se qualcuno obiettasse: «Il matrimonio è un’esigenza sancita dalla Religione, allora perché


in questo caso è considerato come un desiderio della vita terrena?», bisognerebbe rispondere:


«In verità costui non ha esteriorizzato il proposito di emigrare per sposare questa donna,


ma all’apparenza l’ha fatto soltanto per l’emigrazione»; siccome tale persona ha celato il contrario


di quello che ha dichiarato, si è meritato di essere biasimato e rimproverato. Un caso


analogo è chi apparentemente va a compiere il pellegrinaggio (ḥaǧǧ), ma il suo vero intento è


di fare del commercio; ciò è come il viaggiare per ricercare la conoscenza della Religione con


il proposito però di ottenere del potere o una carica governativa.


Tramite le sue parole: «La sua emigrazione è stata verso ciò per cui l’ha compiuta», il


Profeta – che Allâh lo elogi e lo preservi – stabilisce che il pellegrinaggio di chi lo compie col


proposito di fare del commercio o visitare qualcuno non sarà ricompensato. Si può dedurre


che il suo detto tratta in particolare il caso di chi compie il pellegrinaggio con il solo proposito


di fare del commercio; ma se il motivo principale per cui l’ha eseguito è il pellegrinaggio


stesso e poi approfitta delle circostanze per fare del commercio, allora sarà ricompensato sebbene


la sua ricompensa sia minore rispetto a quella di chi ha compiuto il viaggio esclusivamente


per eseguire il pellegrinaggio. Infine, se il motivo principale è per entrambe le cose –


ossia per il pellegrinaggio e per il commercio – ci sono due pareri: sarà ricompensato perché il


viaggio non è stato compiuto esclusivamente per i beni della vita terrena; non sarà ricompensato


perché ha corrotto un’azione compiuta per la vita futura con un’altra compiuta per la vita


terrena. Comunque il detto stabilisce la regola in base all’intenzione di fondo, quindi chi ha


avuto il proposito di eseguire il pellegrinaggio e di fare insieme del commercio non può essere


accusato di aver ricercato soltanto i beni della vita terrena. E Allâh – Colui che non conosce


difetto – ne sa di più.


30


Riportato da Muslim (n. 2567).



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